
L'infausta chronica di Ludmilla
Ludmilla era la bella figlia del principe del feudo Sbavo Orsomandi.
Le sue virtù eran cantate da tutti i giovinotti di quei luoghi.
Algida, colta, e di signorilità innata, con la sua beltà e vocazione artistica era la più bramata da tutti i cavalieri.
C'era chi si sfidava a duello per il suo cuor immacolato e perfetto. Lei assisteva alle tenzoni con il distacco che possiede chi sa di potere aver tutti ai suoi piedi.
Ma l'Inaspettato stava per bussare alle porte della sua esistenza sotto forma di "Bel Tenebroso": mentre si recava alla Chiesa dell'Annunziata vide passare un Uomo. Rimase colpita dal fatto che quel cicisbeo parve non dedicarle la minima attenzione.
Chi era costui? Come non poteva esser rimasto incatenato al suo fascino?
Lo rivide la domenica seguente, e il Bel Tenebroso ebbe per lei il medesimo atteggiamento di noncuranza. Ludmilla tornò alla sua magione col cuore in tormento. Mai aveva visto un cavaliere sì bello e invincibile. Si decise che avrebbe avuto quell'eroe a tutti i costi.
Un giorno, mentre sospirando contemplava le gocce di pioggia che cadevano sulla finestra, vide il Bel Tenebroso camminare nella tempesta. Mossa dal desio e dalla compassione, si sporse sul balcone e lo chiamò:
-"Cavaliere! Cavaliere!!! Venga in casa mia che piove!"
-"E perchè dovrei? Piove anche qui fuori!", fu la criptica risposta del Bel Tenebroso, che pronunciate quelle parole, si allontanò sotto il temporale.
Ludmilla non si riprese più da quel diniego.
Quell'uomo l'aveva rifiutata. Tutte le certezze che lei aveva, si sgretolavano. Il pensiero di un gentiluomo così fiero e indomito la vinse.
Dopo tre settimane Ludmilla, morì, col cuore trafitto dalla ferocia dell'amore impossibile.
Solo che, piccolo particolare, il Bel Tenebroso, che lei dall'alto del suo piedistallo di vanità aveva innalzato a un livello divino, in realtà non era che un povero imbecille.
La risposta di lui, che Ludmilla aveva interpretato come partorita da un animo tormentato ed enigmatico, in realtà era semplicemente la replica di un idiota che credeva che piovesse pure nella casa dove lei lo aveva invitato. Allora tanto valeva star fuori.
Ludmilla muore a cagione di un coglione.
Ah... l'Ego!
Quante vittime miete l'egocentrismo delle persone? Quante volte ci siamo resi conto di riporre nel prossimo speranze che più vengono disattese, più collocano su una specie di trono la persona cui richiediamo attenzione?
E' l'egocentrismo, baby! Quello che fa pensare che "se quello non considera una strafica come me, deve per forza essere un uomo abituato a frequentare ultrafiche. E io posso essere, anzi, io sono un ultrafica!!!".
Ecco perchè spesso le donne si innamorano degli stronzi.
Maggiore è l'ego della donna, maggiore è la ferita che le provoca l'esser rifiutata. E maggiore è il dolore, più lei si aggrapperà alle mani dello stronzo di turno, per aver ragione di quel diniego.
Se l'egocentrica ammette di essere attratta da un banale coglione, non fa altro che dare della cogliona a se stessa. Esercizio di penitenza impossibile per l'autoindulgenza tipica di chi è egocentrica. Che preferirà pertanto idealizzare la coglionaggine dello stronzo, trasformando la sua dabbenaggine in misteriche virtù che solo la rifiutanda è capace di intravedere sotto quella glassa di merda.
Ecco fatta la magia: la merda diventa oggetto del desiderio.
Re Mida trasformava in oro tutto quello che toccava; alcune donne trasformano in oro lo stronzio.
Yin mi dice che questa cosa succede ne più ne meno anche agli uomini egocentrici.
In buona parte è pur vero. Tant'è, io credo che l'uomo abbia un indole razionale che la donna, votata all'intuito e all'istinto non abbia, o abbia comunque in misura minore.
L'uomo, trova nella incessante impellenza propulsiva del suo cazzo una valvola di sfogo ( metafora calzante ), che fa si che l'istinto torni presto sotto il livello di guardia.
Ecco perchè secondo me ( secondo me ), alla quinta sega che un uomo si spara per la bella e impossibile figa, l'uomo cambia target, mediando fra impulso e ragione.
Al contrario, secondo me ( secondo me ), più mulinelli si abbatteranno sul monte di Venere e più una donna si esalterà nella indomita caccia allo stronzo ( le emozioni post orgasmiche, sono opposte fra uomo e donna ).
Mi rendo ben conto di quante diramazioni questo trattatello antropologico possa prendere, ma mi fermo qui, lasciando ai vostri eventuali commenti il timone che farà da guida a questa traccia.
Gong!
Yang
La sinapsi malata: "My sweet prince" dei Placebo, un valzer al rallentatore, rarefatto e tristissimo. Quello che fa venire i brividi di questa canzone è che è cantata da un uomo, ma il testo vede "lei" parlare in prima persona. E' come se lui, che l'ha tradita 1000 volte, si mettesse nei panni di lei. Ed è lei che si prostra ai suoi piedi, implorandolo di ricordarsi semplicemente che lui è il suo unico principe. Seppure le abbia fatto vedere l'inferno, e lei sia sul punto di abbandonarlo una volta per tutte, glielo ricorda per l'ultima volta. E dopo l'ultima, ancora una volta:
lui è il suo principe.
E il pezzo è di una grandiosità incontenibile. Una delle più belle canzoni della nostra vita.
Non avrei mai pensato che sarei andata più in là di così
Non avrei mai pensato che mi avresti fottuto il cervello
Non avrei mai pensato che tutto questo potesse finire
Non avrei mai pensato che avresti spezzato la catena
Io e te, baby
Ci liberiamo di nuovo di tutto il nostro dolore
Quindi prima che finisca la mia giornata, ricorda:
Mio dolce principe
Tu sei l'unico
Mio dolce principe
Tu sei l'unico
Tu sei l'unico
Tu sei l'unico
Tu sei l'unico
Mio dolce principe